Per noi bambini la gioia del Natale iniziava i primi di dicembre quando San Nicolò dimorava qualche giorno nella nostra città, Anversa, addobbata a festa, e tutti andavano a salutarlo. Lunghe file per quell’atteso incontro e una bella foto ricordo.

La sera del 5 dicembre preparavamo ognuno in uno zoccolo – rivestito con cura con “carta d’argento” – il cibo per l’asinello di San Nicolò, carote e rape, e il mattino dopo quando papà e mamma ci davano  la sveglia. Di corsa al camino dove nello zoccolo c’erano i nostri dolci preferiti, e intorno un giocattolo e cose utili. La mamma poi trovava ogni anno un buon motivo per prepararci una zuppa contenente anche delle sanissime rape.

Ormai era ora di iniziare la preparazione ravvicinata al Natale. Erano fra i momenti più belli dell’anno. Potevo accompagnare la mamma per l’acquisto di biglietti d’auguri. Quella volta c’era tanta scelta, erano bellissimi e affascinanti. Tanti biglietti da spedire e anche da ricevere, da sistemare e da ammirare poi sempre di nuovo. I preparativi continuavano con papà che si ricordava in tempo il giorno in cui doveva portare l’albero, mentre noi, insieme alla mamma, pitturavamo d’oro e d’argento delle pigne e dei rami di agrifoglio, apparivano fiocchi rossi, verdi, candele, stelle e stelline.

Il giorno prefissato papà portava l’albero e anche da noi il soggiorno diventava un cantiere dove ognuno cercava di dare il meglio di sé. Nei miei ricordi più lontani ci sono le candeline vere, sistemate sull’albero dal papà e, naturalmente, mai perse di vista, ma tanto belle.

Intanto papà faceva risuonare i canti natalizi. Canti antichi che avevano attraversato i secoli, parole e melodie dolcissime dedicate al Bambino nella mangiatoia.

Ma dove sta il segreto di quell’atmosfera unica, delicata e avvolgente alla volta, che invade l’aria che respiriamo e tutto intorno a noi che c’è dappertutto soltanto a Natale?  Mi rendo conto delle potenza di quelle parole di duemila anni fa: “pace in terra agli uomini amati…”

Nel nostro “cantiere” tutto sta andando bene. È il momento di ambientare la grotta in mezzo al deserto dorato che circondava Betlemme. Quanto ci piaceva prepararla, bella nella sua povertà di riparo di campagna, in mezzo a pastori, pecorelle, qualche bue, gli asinelli…

Per due settimane il nostro posto preferito era lì, seduti sul tappeto davanti a questa scena di pace e misteriosa bellezza che ci toccava nel profondo.

Finalmente siamo alla vigilia, la mamma è indaffarata più che mai e noi un aiutino per preparare la tavola, un ritocco qua e là glielo diamo volentieri. Mia sorella Rita era impegnata in un coro di bambini (anche oggi fa parte di un coro e in questo giorno di vigilia in centro storico, all’aperto, portano tanti bellissimi canti).

Arrivano i nonni, gli zii, i cuginetti, l’atmosfera è davvero speciale. A mezzanotte il più piccolo di noi deponeva il piccolo Gesù nella mangiatoia e il nonno leggeva il brano del Vangelo: “…lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia…alcuni pastori vegliavano di notte il loro gregge…gli angeli cantavano Gloria a Dio nell’Alto dei Cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Seguiva un brindisi al Festeggiato. Era l’unica notte che noi bambini potevamo “fare le ore piccole”. Di giorno andavamo a Messa in Cattedrale, poi due passi al grande fiume di fronte, incontri con parenti e amici, continuava la festa, la gioia e l’armonia.

            

Melodia di Maria, dicembre 2014

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