Avevo dieci anni, era il 1954, abitavo a Moraro in una casa colonica con i miei genitori, quattro sorelle e un fratello, tutti più giovani di me. La mamma, che aveva sempre tanto da fare, per responsabilizzarmi, mi incaricò di accudire dieci “anatrini”. Stavano sempre nel cortile e li portavo a sguazzare nel Cristinizza, piccolo affluente del fiume Versa, dalla mattina fino alla sera. Una sera ne trovai solo sei, ne mancavano quattro all’appello. Disperata, corsi subito a dirlo alla mamma che minimizzò la cosa dicendo che probabilmente si erano persi.
Qualche giorno dopo venimmo a sapere che in un paese vicino era stata organizzata una cena a base di polenta e anatra. I carabinieri indagarono e scoprirono che quattro ragazzi, ancora minorenni, avevano rubato gli “anatrini” dal fiume e se li erano mangiati! Immediatamente partì la denuncia per competenza al tribunale dei minori di Venezia.
Dopo circa un mese, era già caldo, forse giugno, il messo comunale di Moraro consegnò a mia mamma una lettera di convocazione: doveva presentarsi in tribunale dei minori a Venezia! Il giorno fissato l’accompagnai anch’io.
Non ero mai salita su un treno e per me fu una cosa molto emozionante poter andare così lontano. Mi sedetti sul sedile vicino al finestrino, guardavo fuori, ma mi sembrava che il treno fosse fermo mentre la campagna sfrecciava veloce sotto i miei occhi.
Dato che ero piccola non entrai durante il colloquio con il giudice.
Uscita dall’aula la mamma mi raccontò che il caso era stato archiviato perché i quattro ladruncoli lei li aveva perdonati, limitandosi ad ammonirli, ricordando loro che uno dei comandamenti dice di “Non rubare la roba degli altri”.
Fu per me una grande lezione di vita e ho sempre cercato di seguire le parole sagge di mia mamma che oggi vive ed ha 93 anni.
Melodia di Anna Maria, aprile 2013
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di Osiride Brovedani
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