Una volta si giocava quasi sempre in strada o nei grandi cortili e ci si divertiva veramente.
A Ribella, che abitava a Gorizia piaceva molto giocare a lippa o pindul pàndul. Il gioco consisteva nel sollevare da terra un pezzo di legno a due punte colpendolo con un bastone per lanciarlo il più lontano possibile. Vinceva chi lo lanciava più lontano. Bambini e bambine giocavano assieme, ci si sporcava molto e spesso ci si faceva male, ma bastava un po’ di spudich (saliva) o una passatina sotto la spina e si riprendeva a giocare. Se poi la ferita sanguinava c’era il fazzoletto e l’alcol, che bruciava da matti, ma solo in casi veramente gravi!
Carmen, di Scodovacca abitava in una casa padronale in fondo ad un lungo viale alberato. Giocava volentieri con i maschi, perché le bambine erano troppo piagnucolose.
Le piaceva camminare sulle mani a testa in giù per cui, mentre andava dalla mamma attraverso i campi, le si vedevano spuntare solo i piedi.
Con gli amici giocava a Palla contro il muro recitando la filastrocca:
Rinoceronte/ che passa sotto il ponte/ che salta/ che balla/ che gioca alla palla
che sta sull’attenti/ che fa i complimenti/ che dice buongiorno/ girandosi intorno
gira e rigira/ la testa mi gira/ non ne posso più/ cara pallina cadimi giù
Finita la filastrocca la si riprendeva dall’inizio e al primo errore iniziava un altro.
Luciana, di San Vito al Torre, giocava al Campanon o Porton, come si chiamava a Trieste.
Con un legno si tracciava per terra la forma del porton, si numeravano le caselle da uno a otto e il lunotto era il ”riposo”. Si lanciava la pea (sasso piatto) nella prima casella e saltando su un piede solo si procedeva di casella in casella. Chi metteva giù il piede, doveva ricominciare. Vinceva chi conquistava una casella, i compagni per passarla dovevano chiedere il permesso o saltare oltre.
Per Ada, di La Spezia il gioco più divertente era la Bottega. Le signore, con le figlie, le loro bambole, andavano al negozio dove la merce era ben esposta: insalata (foglie di vario genere), le uova (sassi rotondi), le bistecche (foglie di magnolia). Avevano anche la bilancia, perché il suo papà, quando prendeva lo stipendio le regalava un pacchettino di giocattoli.
Anna, di Trieste giocava alle Monete. Si procurava sei sassolini tutti uguali che metteva per terra, ne lanciava uno cercando poi di prenderlo al volo e contemporaneamente ne prendeva un altro da terra. Vinceva chi riusciva ad avere tutte le monete (sassi) in mano.
Antonietta, di Copparo (Ferrara), giocava di Cicca e spanna, gioco con le biglie. Si lanciava una biglia lontano e a turno si cercava di colpirla. Chi ciccava la vinceva. A dire il vero il suo gioco preferito era il Salto alla corda, che la faceva sudare molto e appena la mamma la chiamava, correva sotto la spina, così spesso le veniva la febbre.
Isabella, di Dolegnano (Udine) giocava a Pirugnet. Questo gioco era molto semplice e veniva praticato con i bottoni, fatti rimbalzare su un muro: vinceva chi aveva il bottone più vicino a una data linea prestabilita. Una volta, per poter giocare tagliò i bottoni ai pantaloni di suo padre, che gliele diede di santa ragione.
Emilia, di Mariano giocava a nascondino con suoi quattro fratelli. Facevano la conta:
Ambarabà ciccì coccò/ tre civette sul comò/ che facevano l’amore
con la figlia del dottore/ il dottore si ammalò:/ ambarabà ciccì coccò!
Ma poi toccava sempre a lei stare sotto, perché i fratelli liberavano tutti.
Maria, di Anversa (Belgio), con le sue amiche giocava al Giocarj. Consisteva in un blocchetto di legno con un foro dentro il quale c’era una pallina legata ad un elastico. Vinceva chi riusciva a lanciarla più lontano.
A Loredana, di Mira (Venezia) piaceva giocare al girotondo. Le bambine formavano un cerchio con una bambina al centro che interpretava il ruolo di Madama Dorè, mentre un’altra si poneva al di fuori dei cerchio. Quest’ultima cominciava a cantare:
Oh quante belle figlie, Madama Doré, oh quante belle figlie./ Son belle e me le tengo, Scudiero del re, son belle e me le tengo./ Il re ne domanda una, Madama Doré, il re ne domanda una./ Che cosa ne vuol fare, Scudiero del re, che cosa ne vuol fare?/ La vuole maritare, Madama Doré, la vuole maritare./ Con chi la maritereste, Scudiero del re, con chi la maritereste? (e qui ognuna rispondeva con nomi a caso)/ Col principe del Cavolo, Madama Doré, col principe del Cavolo./ E come la vestireste, Scudiero del re, e come la vestireste?/ Di rose e di viole, Madama Doré, di rose e di viole./ Prendete la più bella, Scudiero del re, prendete la più bella./ La più bella l’ho già scelta , Madama Doré, la più bella l’ho già scelta./ Allora vi saluto, Scudiero del re, allora vi saluto.
I ricordi, tra risate e filastrocche:
Palla pallina/ dove sei stata/ questa mattina?/ Dalla nonnina/ Cosa ti ha dato?/ Un bel pulcino!/ Dove l’hai messo?/ Nella taschina!/ Fallo vedere!/ Eccolo qua!
hanno risvegliato in noi tutte momenti lontani, ore trascorse a giocare in strada divertendoci molto e condividendo tutto, anche la merenda: pane e marmellata era la più buona!
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