Voglio raccontare la storia di una gallina che viveva a Napoli nel lontano 1948/49. Con la necessità di trovare un qualsiasi lavoro per campare, i napoletani si stavano inventando tante cose: una di queste era, per esempio, quando per le strade o i vicoli si giocava ad una specie di tombola: con i numeri si sorteggiava un oggetto o qualcosa da mangiare. Fu la volta che era in palio una gallina. Ogni numero costava 4-5 lire e mio papà quel giorno era affacciato al balcone e ne comprò due pensando: «Se la vinco, farò un bel brodo, oppure la farò arrosta con le patate!». Aspettando che vendessero tutti i numeri, papà andava su e giù per la camera…che miseria c’era in quegli anni! Arrivò il fatidico momento dell’estrazione e molti erano affacciati alle finestre mentre altri stavano fuori dalle loro case, ma tutti erano con gli occhi fissi sui propri numeri! Non ricordo il primo numero estratto, ma posso solo dire la gioia di mio padre quando vide uscire proprio il suo numero: non perse tempo, prese subito la gallina ma, non la ammazzò, anzi le fece una casetta di legno e la tenemmo con noi a lungo: era di un bel colore grigio e non ci credevo, ma lei parlava con noi a modo suo…alla fine papà non ebbe il coraggio di ammazzarla. Insomma…ci mancava anche la gallina: non c’era da mangiare neanche per noi e ora si doveva pensare anche a lei!!
Passò un po’ di tempo e questa gallina camminava tranquilla per la casa e quando si andava a dormire, lei non andava nella sua gabbietta, ma dormiva vicino al nostro letto: ormai era diventata una della famiglia!
Quando morì la mia matrigna (io ero rimasta senza mamma quando avevo 7 anni e papà si risposò perché eravamo in tanti e lui da solo non ce la faceva), la gallina si mise sotto il suo letto di morte ed uscì solo quando la portarono via.
Passato molto tempo, anche la gallina era diventata molto vecchia: camminava poco e comunque zoppicando ed è proprio per questo che noi la chiamavamo “la zoppa”! Un giorno papà ebbe un’idea: per non farla più soffrire, si poteva ammazzarla, cucinarla e poi mangiarla… e così fece! Ma quando la mise sul tavolo bella e cotta (a parte che ci mise tanto a cuocersi) tutti noi la fissammo, ma nessuno ebbe il coraggio di mangiarla anche se avevamo tanta fame. Questa è la storia della “gallina zoppa” e per molto tempo si sentiva ancora il suo fruscio quando si sistemava sotto il letto.
Melodia di Rita, settembre 2012
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di Osiride Brovedani
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