Il 2 aprile apprendemmo notizie che ci gonfiarono il cuore di gioia: durante la notte negli uffici delle gallerie erano stati bruciati, per ordine degli ingegneri civili, tutti gli archivi, i disegni e i piani che servivano per il montaggio e l’allestimento delle V1 e delle V2. La difesa militare era ormai crollata a occidente e veniva lanciato il grido: “Si salvi chi può!”.
Il campo era in subbuglio, l’organizzazione terroristica era scomparsa come per incanto.
Quella sera le baracche presentavano l’aspetto di case abbandonate in gran fretta per l’incalzare del nemico. Era difficile passare per i corridoi, tanto erano ingombri di pagliericci sventrati, di scatoloni di cartone, di gavette forate, di cenci d’ogni specie. La
disciplina apparteneva ormai ai ricordi del passato. I rimasti dormivano sui giacigli più comodi e poterono distendersi finalmente da soli su di un pagliericcio, avvolti anche in due coperte.
In queste emozionanti pagine del diario Da Buchenwald a Belsen il resoconto dell’inizio della fine della prigionia e la rinascita alla vita.
Scopri come è possibile tutto ciò grazie a Osiride Brovedani nel museo di Trieste
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