Ho ancora tante cose da raccontare della mia vita.
Avevo sette anni quando è venuta a mancare mia madre e mio padre subito si risposò con una “strega”. Lei faceva la spazzina e mi portava al lavoro con lei, così dava una scopa anche a me e pretendeva che facessi il lavoro al posto suo. Nelle giornate di pioggia ne approfittava ancora di più. Lei si metteva al riparo e io invece dovevo continuare a lavorare anche sotto la pioggia. Un giorno, pioveva a dirotto, ero tutta bagnata fradicia e dovevo continuare a lavorare sotto le sue urla che dicevano: “Pulisci bene che tra poco passa il sorvegliante e deve vedere tutto pulito!”.
A quel tempo sulle strade non passavano le macchine, ma le carrozze con i cavalli, quindi immaginate vero che cosa dovevo raccogliere?
Ricordo bene quella giornata, perché ho patito talmente tanto il freddo da battere i denti. Lei, che nonostante tutto chiamavo mamma, non si addolciva nemmeno quando le dicevo che avevo tanto freddo, ma anzi mi rispondeva dicendo: “Stai zitta, ti lamenti sempre, però quando mangi non dici nulla eh!”.
La mia fortuna fu quando delle signore che abitavano lungo la via, vedendomi in quelle condizioni, mi chiesero chi fosse quella donna che mi faceva lavorare sotto la pioggia battente e quando io le risposi che quella era mia madre loro non ci vollero credere. Per loro una madre non si sarebbe permessa di trattare così la propria figlia e fu così che mi presero con sé e mi portarono al riparo nella loro dimora. Mi asciugarono i capelli, mi tolsero i vestiti e mi diedero del latte caldo. Appena finì di piovere mi dissero però di tornare a casa, ma solo al pensiero di tornare in quell’inferno mi venivano i brividi.
Appena entrai in casa mio padre mi chiese come mai avevo già finito di lavorare e di chi fossero quei vestiti che stavo indossando. Subito capì quindi che era successo qualcosa e attese la strega per avere delucidazioni; nell’attesa quindi mi era vietato mangiare e potevo solo guardare il piatto di spaghetti fumanti già pronto sul tavolo. Appena lei arrivò ordinò a mio padre di lasciarmi a digiuno, senza dare alcuna informazione su quanto accaduto. Lui rincarò la dose di punizione, picchiandomi con la cintura. Non ho mai capito cosa avessi fatto tanto di male per meritarmi tutti quei maltrattamenti e quindi, stanca di tutto ciò, quella volta lì presi la rincorsa e mi gettai dal balcone. Vivevamo al secondo piano…
Fortuna volle che rimbalzai sui fili della biancheria prima di cadere a terra a testa in giù e vedere così il mio vicolo sottosopra!!! Sono stata soccorsa da delle persone che abitavano al piano terra. Quando arrivai all’ospedale vollero sapere cosa fosse successo. Io non dissi la verità, riferii che mentre stavo stendendo i panni, mi sono esposta troppo dal balcone e sono quindi caduta. Intervennero anche i carabinieri, i quali non credettero alla mia versione e andarono quindi a prelevare a casa mio padre, il quale riferì che io non andavo d’accordo con sua moglie. Non fece alcun accenno a tutti i maltrattamenti che dalla stessa subivo ogni giorno.
La caduta mi costò la rottura della clavicola sinistra e tre mesi di ingessatura al busto. Non so proprio come ho fatto a sopportare quel gesso per ben tre mesi. La strega mi guardava soddisfatta di vedermi così malconcia e continuava a dirmi cattiverie ed a offendermi. Mi diceva che avevo fatto apposta a farmi mettere il gesso per non andare al lavoro con lei.
Trascorsi i tre mesi subito ritornai alla vita di prima. Ogni giorno pulizia strade. I napoletani però sono delle persone dal cuore grande e quindi c’era sempre qualcuno che mi portava qualcosa da mangiare o da bere anche se la mia matrigna si arrabbiava, perché secondo lei non avrei mai dovuto fermarmi.
Melodia di Rita, luglio 2013
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di Osiride Brovedani
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