Voglio raccontare una fatto accadutomi nel 1948. Ricordo: era un pomeriggio, uno dei soliti giorni, in cui io aspettavo che papà accendesse il focolaio per cucinare qualcosa da mangiare. Io andavo su e giù per la stanza guardando ogni tanto verso il focolaio, ma non succedeva niente. Così decisi di uscire. Ricordo che avevo tanta fame, eravamo cinque figli e se si riusciva a cucinare qualcosa, le bocche da sfamare con papà erano sei. Papà non riusciva a trovare lavoro, aspettava sempre che qualcuno lo chiamasse per qualche lavoretto in casa. Ma veniamo a quel pomeriggio. Ricordo che mi misi a camminare, guardando sempre a terra, quando, davanti ai miei piedi vidi una pallina di carta. Iniziai a giocare, man mano mi accorsi che era di un colore che avevo già visto. La presi in mano e, con il cuore che mi batteva, la aprii. Vidi che si trattava di 100 lire; mi misi a saltare e cantare dalla gioia. Andai quindi in una strada di Napoli – perché stiamo parlando di Napoli – dove si trovavano delle bancarelle che vendevano crocchè, palle di riso e pizze. Con quelle 100 lire comprai un po’ di tutto; mi rimasero ancora tanti soldini, così mi fermai davanti ad un chiosco dove vendevano acqua con il limone e gelati. Mangiai così tanto, ero così felice, che mi sentivo una regina; potevo spendere e così mi comprai un paio di scarpe usate ed anche una camicetta usata, con i merletti. Erano tutte cose che io vedevo fare dagli altri, ma che io non mi potevo permettere. Poi mi comprai una corda per giocare e una bambola sempre usata, anche se era di cartone era bellissima ed io la chiamai Rita 2. Quando poi si fece buio, tornai a casa; non c’era nessuno e così nascosi tutto in un cassetto. I miei non si accorsero di niente ma il giorno dopo al risveglio, tutte le cose che avevo comprato erano vicine al mio letto. Mi spaventai, vidi mio papà che mi guardava. Mi chiese dove avevo preso quella roba; gli raccontai come erano andate le cose. Lui mi picchiò con la cinghia dei pantaloni perché, mi disse, con quei soldi avremmo mangiato tutti. Sul momento pensandoci aveva ragione: avevo pensato solo a me. Ma io avevo fame ed ora capisco che non avevo sbagliato.
Melodia di Rita, maggio 2011
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di Osiride Brovedani
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