Tra i documenti reperiti nei lager nazisti dall’ITS (vedi la prima parte di “Ordine e burocrazia”) ce n’è uno particolarmente curioso che non riguarda espressamente Osiride Brovedani, ma che è esemplificativo del funzionamento della burocrazia nazista. In questo documento si trasferiscono da Buchenwald a Dora 144 prigionieri unitamente a 113 fagotti, 22 bagagli e 1 pacchetto sigillato con oggetti di valore (in altre pagine dello stesso documento si suddivide in valigie, cestini, pacchetti legati con lo spago). Tralasciando l’equiparazione di persone e cose, salta subito all’occhio quanto precise siano le descrizioni.
Seguono quattro righe di testo, che ripetono in maniera logorroica lo stesso concetto per tre volte. La certificazione degli oggetti viene confermata, viene confermata tre volte, e poi sottoscritta con firme.
Questa burocratizzazione ossessiva che scopo aveva? Hannah Arendt e Zygmunt Bauman hanno dedicato la loro vita a rispondere a questa domanda. Lo sterminio degli ebrei è stata un’operazione burocratica, e veniva vissuta in questa maniera solo grazie al fatto che l’organizzazione zittiva il senso di responsabilità personale. L’abilità del nazionalsocialismo è stata quella di costruire un sistema in cui la cultura di un lavoro ben fatto per il quale il lavoratore si accontentava unicamente di averlo compiuto con diligenza senza interrogarsi riguardo allo scopo e all’intenzionalità. Lo scopo del lavoratore era fare bene il proprio lavoro, indipendentemente da quale fosse questo lavoro. Prendiamo Eichmann, colui che gestì il trasporto ferroviario dei deportati. Fino all’ultimo si vantò dell’efficienza del suo operato, indipendentemente che quei treni trasportassero persone destinate alla morte. Non cagionò la morte di milioni di persone a causa di un’indole maligna, ma solo a causa di una completa inconsapevolezza di cosa significassero le proprie azioni. E’ questa la banalità del male, più difficile da eradicare perché meno manifesta e più letale: la totale indifferenza per le conseguenze dei propri gesti.

Punto di forza della macchina burocratica nazista era il funzionario, l’addetto, l’operaio, che portavano a compimento la propria mansione senza osservare la visione d’insieme. Ogni persona, con il suo atteggiamento di omertà ed indifferenza, era pienamente soddisfatta di avere assolto il proprio compito con dedizione assoluta.

Nel nostro archivio storico conserviamo decine di schede anagrafiche su Brovedani che riportano in maniera ossessiva gli stessi dati: nome, cognome, numero di matricola, 76360, data di nascita, città di provenienza. Schedature e archiviazioni continue che facevano sentire le SS dei grandi lavoratori, in pace con la coscienza per lo zelo con cui agivano.

L’organizzazione sovrastava, fino a nasconderlo, il senso di responsabilità personale; la disciplina, il rispetto delle regole, la responsabilità “tecnica” dell’operazione sostituirono la responsabilità morale. Da qui, le comuni risposte al processo di Norimberga “Stavo solo eseguendo gli ordini”. Stavo obbedendo alle regole, non ho colpe, anzi, ho il merito di aver eseguito con deferenza ciò che mi era stato detto di fare.

 

Ecco che emerge la spietata logica del male nella burocratica contabilità delle sue vittime, che la storia rinnova ancora oggi in tante aree di violenza. Per questo le schede anagrafiche su Brovedani hanno il valore della testimonianza che diventa insegnamento contro l’odio e l’indifferenza.