Al museo “Casa di Osiride Brovedani” i visitatori possono approfondire aspetti della Shoah attraverso i documenti dell’archivio storico, o rivivere gli anni ’80, tra l’altro, con il merchandising della Fissan: ma anche se il passato è fissato, l’attività di ricerca scientifica ne permette un costante arricchimento in termini di informazioni aggiuntive. Ed è una strana ricerca scientifica la nostra, nel senso che, oltre alla costante ricerca su Internet e negli archivi istituzionali, molta parte della storia del museo stesso viene fatta dai visitatori con i loro racconti, i loro ricordi, le loro collezioni di aneddoti personali su Brovedani, sui familiari deportati, sulla Triestina dei tempi d’oro…
Per esempio, tra le carte di Brovedani risulta un foglio con una lista di nomi ed indirizzi il cui significato ci era oscuro. E’ stata una delle sue collaboratrici a raccontare che, rientrato dal campo di concentramento, Osiride si era ripromesso di incontrare le famiglie di coloro che aveva conosciuto in Germania per riportare loro notizie dei propri cari. Non riuscì a mantenere l’impegno preso perché, dopo un paio di strazianti incontri, dovette desistere a causa del troppo elevato impatto emotivo nell’andare a dire a qualcuno che un suo parente era morto.
L’ultima acquisizione, se così la vogliamo chiamare, è uno splendido dono fattoci dal poeta triestino Claudio Sibelia. Dopo aver visitato il museo e restando molto favorevolmente colpito dalla figura di Brovedani, ha voluto dedicargli dei versi, narrandone le vicende in una poesia scritta in dialetto triestino.
Sibelia è appassionato di ricerca storica, e di arte, ma soprattutto si occupa di saggistica e poesia. Ritiene che la poesia – sia tradizionale che dialettale – sia un importante mezzo di comunicazione e di socializzazione, specificando che il dialetto rappresenta un valore basilare per la memoria, le tradizioni popolari, l’educazione dei giovani.
Quindi, anche chi ha già visitato il museo, anche chi è già ritornato per consultare con calma e pazienza i documenti storici, ha sempre un motivo per passare ancora a trovarci per sentire i nuovi racconti, come quello della mimosa selvatica antistante l’ingresso, seccatasi lo stesso giorno della dipartita del suo curatore Osiride, o gli aneddoti a proposito della signora Matilde, la portinaia, che sembrava uscita da un film.
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