Arrivando in Fondazione a Gradisca, si viene accolti da una sinuosa scultura: si tratta di una fusione in bronzo della serie “Figure con drappo” (o Angelo) di Ugo Carà (1908-2005), scultore e incisore nato a Muggia.
La carriera artistica di Carà si snoda attraverso tutto il Novecento: comincia ad esporre, ancora studente universitario, alla XVI Biennale d’Arte di Venezia del 1928 come uno dei giovani più promettenti. La sua attività creativa non conosce sosta: crea gioielli, medaglie e targhe commemorative e negli anni giovanili vanta una notevole produzione pittorica anche se la sua vera grandezza risiede nei bronzetti. Se la pittura è stata una parentesi quasi esclusivamente giovanile, la passione per la scultura l’ha accompagnato per tutta la vita, nel corso della quale ha utilizzato i materiali più diversi: marmo, pietra, legno, cera, gesso, bronzo. “Ispiratrice quasi assoluta del gioiello, della scultura e della grafica è stata la donna, essere ora criptico e misterioso, ora magico e fatale, dea essenziale, a volte quasi infantile, dei suoi sogni, cui l’artista ha collegato spesso un senso panico e classico della natura e un sottile messaggio erotico. Giocando sul timbro della sintesi e dell’atarassia, e grazie al medium prezioso dell’eterno femminino, Carà ha così affrontato fin dal lontano 1926 la terza dimensione, cui è riuscito a conferire un pathos e un fascino ineffabili, che ne riconfermano il talento nell’intuire e padroneggiare lo spazio.
“Ispiratrice quasi assoluta del gioiello, della scultura e della grafica è stata la donna, essere ora criptico e misterioso, ora magico e fatale, dea essenziale, a volte quasi infantile, dei suoi sogni, cui l’artista ha collegato spesso un senso panico e classico della natura e un sottile messaggio erotico. Giocando sul timbro della sintesi e dell’atarassia, e grazie al medium prezioso dell’eterno femminino, Carà ha così affrontato fin dal lontano 1926 la terza dimensione, cui è riuscito a conferire un pathos e un fascino ineffabili, che ne riconfermano il talento nell’intuire e padroneggiare lo spazio. Qualità che lo hanno fatto emergere nel campo plastico e dell’architettura, con interferenze di stile che si sono intersecate da un settore all’altro e gli hanno consentito di debordare, grazie anche a un’inesauribile, onirica fantasia, nel campo della pittura, di cui ci ha lasciato prove giovanili di notevole significato, legate al lessico del Novecento e ad alcune tendenze visionarie dei primi decenni di quel secolo.”
(testo di Marianna Accerboni tratto dal depliant del Museo Ugo Carà).
Dello stesso scultore è anche la Nuotatrice esposta a Barcola, più conosciuta come la Sirenetta.
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