Sono trascorsi due anni da quando  siamo stati contattati per una richiesta di aiuto dalle Suore di Carità dell’Assunzione di Trieste, conosciute come “Suorine”, appellativo affettuoso che si sono meritate in un secolo di sostegno alle famiglie, ai malati, a tutte le fasce vulnerabili della società. La congregazione nasce in Francia nell’Ottocento, grazie a padre Pernet  che, volendo in qualche modo contrastare la miseria dei sobborghi, ritiene che solo delle donne consacrate possano porvi rimedio entrando in quella realtà e aiutando i bisognosi in tutte le attività che riguardano la conduzione della casa, la cura, l’istruzione.  L’opera missionaria arriva fino in Italia e qui, negli anni ’50,  le suore incontrano don Giussani.  La sua modernità ha aiutato a guardare con gli occhi di oggi la genialità e la santità di Padre Pernet e per questo don Giussani viene riconosciuto come cofondatore.

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Sono molti gli esempi concreti che rivelano lo spaccato delle attività sociali e solidali delle Suorine:  c’è il bimbo il cui papà va al lavoro prima dell’alba che viene svegliato, vestito e accompagnato a scuola; la giovane la cui malattia è inaccettabile per il padre straziato che, con amore, viene accompagnato in un percorso di accettazione e riavvicinamento, la ragazza in carrozzina nutrita dal sondino che ritrova la gioia di vivere e ricomincia a nutrirsi da sola… piccoli grandi miracoli che accadono quando la logica dell’ego e dell’individualismo cede il passo alla cura amorevole e al nutrimento affettivo.

La lettera che ricevemmo nel 2015 manifestava  la necessità di maggiori spazi in cui accogliere i bambini a loro affidati soprattutto per le attività diurne.
Prima di arrivare al lieto fine, vale la pena elencare  tutti i passi che si sono succeduti,  perché  raccontano una trama di solidarietà, stima e buone pratiche:  di fronte alla necessità di ampliare gli spazi a loro disposizione, le Suorine si sono rivolte al professor  Sinagra, conoscendo la di lui statura morale, affinché si facesse portavoce della loro istanza nei confronti della Fondazione, di cui è risaputa la mission primaria, ovvero l’attività di beneficenza in favore dei bambini. Il professor Sinagra, membro del nostro cda, è stato quindi il tramite per il primo contatto. Colpito dal clima di serenità e approfondite le attività della congregazione, ha coinvolto il Presidente in una fase successiva, infine il progetto è stato presentato in Consiglio per la sua approvazione. E’ stato così  acquisito un immobile in strada Vecchia dell’Istria da destinare alle Suorine e ai loro bambini.

Superati tutti gli ostacoli burocratici, ci sono voluti alcuni mesi per risistemare gli ambienti e il giardino, oneri di cui si sono fatti carico altri lodevoli benefattori triestini, finché lunedì si è svolta l’inaugurazione dello stabile, a cui abbiamo partecipato con entusiasmo, nel senso che siamo stati contagiati dall’atmosfera che ha fatto diventare il momento istituzionale una vera festa. Attorniati da bambini felici, abbiamo potuto constatare di persona qual è il risultato dell’operato delle Suorine: si avvicinano a bambini che vivono in un contesto di disagio sociale portando conforto e aiuto concreto, e riportando il sorriso laddove la vita l’aveva spento.

Anche grazie al nostro aiuto, hanno creato ampi spazi in cui accogliere bambini in età scolare, che riconoscono questa “casa” come un allargamento della loro casa, una specie di “domicilio ausiliario” in cui poter condividere una vita normale grazie all’impegno delle suore che li accompagnano nei compiti, nelle attività ludico-ricreative e nello sviluppo emotivo. Spesso la malattia o la povertà impediscono il prendersi cura degli aspetti affettivi dei figli: le Suorine non possono sostituire i genitori, ma sanno consolare e, trovando le parole giuste, riportare sicurezza e autostima nei più piccoli.

Fatto sta che siamo stati circondati da bimbi scatenatissimi ed allegri, che hanno intonato per l’occasione una classica canzone da oratorio. A rappresentare la nostra Fondazione il Consigliere professor Gianfranco Sinagra, che ha portato i saluti del Presidente dott. Raffaele De Riù. Il nostro Consigliere, coinvolto dal clima particolarmente gioviale, si è reso anche disponibile a reggere il microfono durante la benedizione impartita da don Mario Vatta.

L’aiutare i ragazzi a credere in se stessi e a formarsi come uomini e donne era anche il desiderio di Osiride Brovedani, che sognava un convitto per giovani orfani, sogno realizzato poi dalla moglie con il suo testamento, per cui siamo sicuri che sarebbe contento di sapere che la Fondazione a lui intestata continua ad occuparsi dei piccoli e dei disagi che rischiano di dover subire crescendo in un contesto di particolare fragilità familiare e sociale.

Inoltre, per la Fondazione, questa iniziativa rappresenta un’ulteriore occasione per poter essere sempre più presente e utile sul territorio in un momento critico come quello attuale.